Accogliere tutte le voci

Accogliere tutte le voci

di Aldilea Machado da Silva

Carissima Maria Silvia,

Vorrei riprendere il discorso iniziato l’ultima volta che ci siamo viste a Santa Giustina, in cui mi chiedevi del lavoro con i laringectomizzati. Mi ricordo, al riguardo, di averti detto che il lavoro era stato interrotto perché il presidente dell’associazione, laringectomizzato totale, purtroppo era venuto a mancare. Lui, oltre alle logopediste e al primario dell’ospedale, era stato un attivo sostenitore del progetto dei laboratori di vocalità (ispirati alla funzionalità vocale) offrendosi per primo ad intraprendere questo percorso con lezioni individuali, e purtroppo, con la sua scomparsa così inaspettata e dolorosa, il consiglio di amministrazione dell’associazione ha sentito il bisogno di prendersi una pausa per riflettere sulla continuità del progetto.

Ora sono quindi in attesa che i laboratori di vocalità possano avere un seguito. Intanto ti posso riferire qualcosa sulle esperienze che fin qui abbiamo fatto. All’ultimo laboratorio, una serie di sei incontri, hanno partecipato: quattro persone con la voce cordale, una persona con la voce esofagea, e un’altra persona che in seguito a un tumore nella zona lingua-glosso-epiglottica aveva subito un intervento “demolitore” (come lo chiamano gli operatori sanitari) in cui parte della lingua è stata asportata, la laringe e le corde vocali sono rimaste, però l’emissione vocale è abbastanza compromessa.

Questo signore segue ancora la riabilitazione in ospedale. In verità le logopediste mi avevano già parlato tempo addietro del suo caso e della possibilità di farlo partecipare al laboratorio. Io, sinceramente, appena sono venuta a conoscenza della sua patologia, mi sono spaventata e ho risposto subito di no (ho pensato: “ma non è possibile lavorare con voci estreme, come potrei mai fare?”).

Infine, il presidente dell’associazione che mi aveva parlato di questa voce, a suo dire “particolare”, invitò questo signore a un evento in cui ero presente anch’io e così ecco che me lo trovo davanti. In quel momento questa persona mi ha espresso con così tanto entusiasmo il suo interesse a partecipare al laboratorio, che ho detto: “Certo!”.

Ho appreso che non è automatico e non va dato per scontato, che una persona con un così grave disagio vocale sia disposta a seguire un percorso con la propria voce per migliorare la “nuova” emissione. Il più delle volte la persona che ha subito una mutilazione del genere sta seguendo, oppure lo ha superato, un percorso riabilitativo molto faticoso, durante il quale non di rado si scoraggia e si deprime. L’importante è dire di SI’ e accoglierla nel gruppo. Poi Dio vede e provvede.

Certo mi sono state indispensabili le tue parole incoraggianti per non rifiutare questo lavoro. Se avessi pensato solo alle difficoltà, alle incertezze e ai timori, non avrei fatto niente, nemmeno provato a cogliere questa opportunità. Nell’ultimo incontro di questo laboratorio, ai primi di luglio 2018, ho inserito (tenendo conto dei suggerimenti avuti nella Fase Pedagogica di maggio) il lavoro corporeo-sensoriale “Corpo-Orecchio” ed è stato molto positivo. Con il tempo e l’esperienza spero di poterlo migliorare. Proverò anche a fare, come hai suggerito, il percorso contrario, dall’orecchio interno verso l’orecchio esterno. Mi ci devo dedicare.

Ecco mi dimenticavo, ho iniziato, con lezioni individuali quindicinali, un lavoro con un’altra voce maschile mandatami dalle stesse logopediste. Si tratta di un musicista-cantante professionista, del genere moderno. Purtroppo una voce reduce da problemi con abuso di alcool-fumo e di recente un tumore, per fortuna non “cattivissimo”, all’epiglottide. Ha subito un intervento, è stato curato e ha seguito la riabilitazione. Fisicamente è ancora un po’ debilitato perché il suo problema di salute è stato recente, tutta la zona del collo è sensibilizzata, ma ora sta meglio, ha ripreso a cantare, a fare qualche concerto. E’ comunque seguito e continua con i regolari controlli. Le logopediste mi hanno riferito che lui non riesce a sviluppare “una voce di testa”, che invece gli farebbe tanto bene.

La prima volta che l’ho ascoltato è emersa subito in primo piano questa massa molto compatta nel suono, brillantezza inesistente, tutto molto compresso, credo anche per le tensioni fisiche ed emotive post-malattia. Un suono molto cavernoso. Però dopo un po’ che abbiamo iniziato a lavorare insieme, cercando di svincolarmi dall’ascolto di ciò che non andava, ho ascoltato un vibrato, che appariva e scompariva, dietro (anzi sotto) questa massa. Mi dava l’immagine di un topolino (il vibrato) su cui si era seduto un elefante (questa massa sonora). Ma l’elefante e il topolino non sono nemici.

L’esperienza è tuttora in corso, siamo arrivati al terzo incontro. Durante il primo abbiamo lavorato con la relazione del suono con il corpo, per offrire così un approccio diverso con il suo suono. Nel secondo incontro ho provato a seguire il richiamo e la direzione di quel piccolo vibrato e ho proposto la stimolazione con la carta velina e il pettine; all’inizio ha avuto qualche difficoltà, come quasi anche tutte le persone con voci normali, ma poi piano piano la vibrazione della velina ha cominciato ad entrare. Lui è andato a casa portando con sé la carta velina ed è tornato dicendo di aver sentito per la prima volta il suo viso più rilassato ed aver ascoltato “altri suoni” mentre cantava. Abbiamo continuato su questa strada e lui ha espresso il desiderio anche di fare un po’ di repertorio durante gli incontri. Cantare qualcosa. Cerco di fare un po’ l’uno e l’altro. Cosa ne pensi? Vorrei avere tuoi consigli.

Perdonami, Maria Silvia, se mi sono dilungata troppo. Mi rendo conto che sono parecchi gli argomenti da affrontare, le proprie esperienze, i dubbi, le impressioni. Ti ringrazio tanto per la tua guida, dedizione e pazienza.

Un forte abbraccio.

Aldilea

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