Dal Pianeta il Suono – la mia inevitabile avventura nel Suono di Natura.
Non ho avuto una formazione da musicista, il mio incontro con il Suono è giunto verso i trent’anni grazie a una formazione biennale in Animazione musicale all’interno della quale ci fu l’incontro con Walter Maioli, artista, musicista e etnomusicologo, ricercatore nell’ambito dei suoni della natura e della musica antica e delle origini. Approccio migliore alla dimensione sonora autentica per me non poteva esserci: i suoni della pietra, legni, semi, degli oggetti in osso, hanno avuto su di me un impatto subito di grande attrazione a partire dal risveglio/risonanza con una memoria sonora biologica che conserviamo per quei suoni archetipici. E’ un interesse, da allora, che attinge proprio a quel lunghissimo periodo, avvolto da fascino e mistero, che è la Preistoria, quando ancora l’uomo era un canale aperto alle forze della natura e soprannaturali. Le direzioni che ho intrapreso negli anni sono state molteplici: il suono vissuto come strumento di relazione con la dimensione spirituale, l’interesse per la cultura delle origini, la consapevolezza dell’importanza di un rapporto ecologico con i suoni del mondo, la didattica dei suoni di natura rivolta ai bambini, esperienze che depongono strati di consapevolezza, nel corpo e nello spirito.
Altro grande colpo di fulmine è stato per me l’incontro con il suono vocale, che mi ha regalato l’esperienza umana di avere grandi insegnanti nell’ambito del Metodo funzionale della voce e della Funzionalità vocale prima, e di godere delle gioie del canto poi.
Spesso mi sono chiesta quale caratteristica della musica di Natura mi ha attratto così profondamente da segnare il mio destino artistico… forse perché facendo “Musica naturale” cadono spontaneamente gli schemi e le strutture della musica che ascoltiamo tradizionalmente. Vi è una ricerca del “non ritmo”, come i bambini solo sanno produrre e anche l’ abbandono della ricerca e della ripetizione della melodia: che senso avrebbe suonare una melodia con delle stalattiti che esistono da migliaia di anni, o con dei legni grezzi, che hanno accompagnato, quando alberi, il suono degli uccelli e lo stormire delle foglie?
Quando nel 1996 registrai Perle di grotta, il CD sulla musica delle stalattiti, queste furono le mie impressioni del suonare in una caverna: “….Percuoto delicatamente un gruppo di stalattiti che pendono dalla volta. Il silenzio della sala, mosso soltanto dallo stillicidio dell’acqua, si riempie di vibrazioni purissime: perle di grotta. In questi momenti mi faccio terra, lascio che l’anima sonora delle stalattiti si esprima attraverso le mie mani, dialogo con la pietra, ospite del Regno minerale”. Gli strumenti che utilizzo vanno dalle pietre sonore (litofoni, gong, monoliti a sfregamento) agli xilofoni grezzi (platano, tiglio, nocciolo), dagli ossi (flauti, fischietti, corni, sonagliere, raschiatori), alle conchiglie, bamboo, semi, penne…
Sono certamente “strumenti poveri”, ma possiedono la carica dell’essenzialità e della purezza; il modo di disporli prima della performance non è mai casuale, sento che ogni oggetto ha una sua eleganza e una propria storia molto antica, anche un esile fischietto in osso. I litofoni di ardesia e serpentino dello strumentario che metto a disposizione, in quasi trent’anni di attività didattica nelle scuole sono stati percossi e suonati da migliaia di bambini: ci si può immaginare l’entusiasmo e l’energia assorbita da queste pietre!
La disposizione degli oggetti prima di un concerto diventa quindi per me una sorta di rito, un momento mio per sentire che faccio parte di uno spazio che ha un significato.
Certo ci sono luoghi dove suonarli ha un significato ancora più profondo: l’esperienza speleologica che mi ha permesso di registrare quei suoni preziosi rimanda a immagini e emozioni molto evocative: iniziazione – silenzio – buio – paura – coraggio – utero – materia – arte – simboli. Lo spazio protetto e umido della caverna amplifica in modo sorprendente i giochi di riverbero, echi e sibili attorno a chi suona. Lì anche il silenzio ha un che di surreale.
E poi ci sono i luoghi dove per me si tocca davvero il sacro: sono gli asili, dove più volte ho presentato ai piccoli questi strumenti. Si avverte allora una qualità di ascolto sensoriale totale, davvero l’incanto perduto.
Credo che l’insegnamento che ho fatto mio, percorrendo la via del Suono, sia quello di procedere su una via, delle tante, che porta all’essenzialità. Le energie sottili per rivelarsi a noi chiedono canali percettivi “puliti ” a livello organico, ma anche puliti dal “troppo”: dalla troppa azione, dalla troppa tensione alla performance. Entrare in contatto con il livello percettivo di ascolto, di noi e del Suono è vivere nell’interiorità fisiologica uno stato di “calma motoria”.
La vibrazione, come componente energetica del suono, ha in sé la peculiarità di penetrare e mettere in risonanza gli spazi più profondi dei nostri tessuti: è l’inizio di un processo energetico che inevitabilmente cambia anche il nostro modo di rapportarci con l’esterno e con gli eventi.
guarda il VIDEO della presentazione del libro
Il libro Dal Pianeta al Suono è nato partendo da materiale fotografico di archivio e grazie alla maestria fotografica di Sergio Smerieri che ha fotografato il ricco strumentario collezionato negli anni. I testi sono diventati quindi una sorta di narrazione della mia esperienza sul campo, con l’augurio che la mia esperienza possa generare curiosità, spirito di ricerca e approfondimento nei confronti dei vari ambiti che questa via del Suono può offrire.
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